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L’ALLARME / Centro Storico / Corso Italia

Il centro storico sta morendo: i negozi chiudono, il Corso si svuota e i ragazzi non ci escono più

Da via Garibaldi al Corso una distesa di saracinesche abbassate, il centro è terreno fertile per criminalità e degrado

Sono le 4 di pomeriggio di un venerdì qualunque. In tutta Italia le persone si preparano al weekend ed escono per godersi un po’ di libertà dopo le fatiche del lavoro. Ovunque, ma non a Viterbo: il centro storico, il più grande d’Europa tra quelli medievali, è vuoto, deserto, desolato. Di turisti non ce ne sono, ma anche i viterbesi latitano. A fare da scenario vie e piazze vuote, occupate soltanto da qualche macchina parcheggiata selvaggiamente, ed una serie interminabile di negozi con la saracinesca abbassata. Alcuni sono chiusi per la pausa pranzo, altri invece non apriranno mai perché sono in vendita o in cerca di qualcuno che li affitti. Non si vedono nemmeno i ragazzi adolescenti, che da diverse generazioni passano i loro pomeriggi tra i vicoli della città vecchia. La tradizione si è interrotta e le antiche usanze sono andate a farsi benedire: adesso i luoghi di aggregazione sono fuori le mura, ben lontani dal peperino e dai sampietrini. Ma come si è arrivati a questo punto?

Il corso completamente vuoto

Partendo da via Garibaldi e scendendo su tutta via Cavour per arrivare in piazza del Comune, sono già una decina i negozi sfitti da non si sa quanti anni. Sui portoni e le vetrine campeggiano solo pietosi cartelli con la scritta “vendesi” o “affittasi”. In alcuni casi entrambi. La situazione peggiora al Corso, quello che dovrebbe essere il cuore pulsante della città, il tempio del commercio. Via Roma resiste, anche se con qualche defezione, mentre da dopo piazza delle Erbe la distesa di saracinesche serrate comincia a fare spavento. La maggior parte dei locali chiusi, infatti, si trova proprio lì. Il cuore di ogni viterbese piange alla vista di Schenardi, un tempo salotto della Viterbo bene ed oggi caduto in disgrazia. Se non fosse per l’insegna, unica cosa che lo distingue rispetto agli altri locali falliti, nessuno sarebbe in grado di riconoscerlo. E la lunga serie di serrande abbassate prosegue fino a piazza del Teatro.

La moria di attività, naturalmente, incide sull’afflusso di persone. Del resto, chi vorrebbe farsi un giro in una sorta di via crucis dell’economia? Il centro non è più attraente, ha perso appeal in primis tra i viterbesi. La vicinanza dei grandi centri commerciali, al Riello o a San Lazzaro, fa da deterrente contro i nostalgici delle “vasche” e spinge i clienti fuori da porta Faul. L’incuria dei monumenti, dei palazzi storici e delle fontane, poi, fa il resto. I decenni di disinteresse pubblico e di abbandono hanno trasformato questa zona in una palude nella quale sguazza la criminalità ed imperversa il degrado. 

I negozi scompaiono dal centro: saracinesche abbassate ovunque

Gli affitti sono alti e gli incassi diminuiscono sempre di più, un mix che ha mandato al tappeto molti imprenditori. Ad aprire, in questi anni, sono stati solo gli stranieri, in particolare indiani, pakistani e cingalesi. Sono loro gli unici ad investire. Minimarket, fruttivendoli, parrucchieri e rivendite di cover hanno preso il posto a botteghe, empori, boutique, saloni, librerie e negozi di antiquariato. Nemmeno i bar se la passano bene, le restrizioni imposte dal patto per la notte e dal piano del commercio scoraggiano chi vorrebbe fare impresa. Negli anni, il Comune ha fatto poco per impedire il naufragio totale del centro storico, divenuto ormai una scatola vuota che non ha nulla da offrire né di giorno né di notte. E il tempo per trovare le soluzioni, a patto che ce ne siano, si assottiglia sempre di più. Ora sulle vetrine dei negozi chiusi o in vendita campeggiano giganti cartoline d’epoca che ci ricordano come era una volta Viterbo. Certamente meno moderna, per certi versi ancora medievale, ma sicuramente più viva di oggi.

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