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Sabato, 20 Aprile 2024
VIA ALLE ESPLORAZIONI

Nella Tuscia c’è il litio: Enel e australiani a caccia di terre rare, cinque comuni interessati

Enel Green Power e Altamin mettono gli occhi sulle riserve di litio nella Tuscia

Lo chiamano oro bianco, perché può essere declinato in tantissimi modi. Proprio per la sua duttilità, il litio è una delle risorse naturali con la più alta domanda sul mercato. Viene utilizzato, ad esempio, per le batterie di telefoni, pc ed ora anche per quelle delle auto elettriche, ma anche nel settore industriale, in particolare quello della ceramica e del vetro. Rientra nel gruppo delle terre rare, elementi chimici applicati nei settori della tecnologia d’avanguardia e delle rinnovabili. In epoca di svolta green, è dunque più che mai ricercato. Giacimenti di litio sarebbero stati scoperti proprio nella Tuscia.

ENEL E AUSTRALIANI A CACCIA NEL VITERBESE

In questo momento, in quanto ad estrazioni di litio la Cina gioca un ruolo da protagonista, ma il primo produttore al mondo è l’Australia. E una compagnia della Terra dei canguri ha messo gli occhi sul sottosuolo viterbese, presentando due istanze alla Regione Lazio per effettuare delle ricerche su Viterbo e Nepi. Emi Italia, controllata del gruppo Altamin, conta di esplorare in totale circa 6mila ettari di terreno tra Nepi, il capoluogo e la zona di Ferento (aree termali escluse). Dalla Pisana è arrivato un primo via libera, con l’esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale dell’istanza. Questi perchè, stando a quanto fatto sapere dalla Energia Minerals, l’attività consisterebbe esclusivamente nella raccolta dati. Ma i movimenti australiani hanno spinto a far entrare in partita anche la Enel Green Power, la quale, a sua volta, ha formalizzato tre richieste per operare su Capodimonte, Marta, Piansano ed ancora Viterbo. In totale, poco più di 6mila ettari. 

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I FLUIDI E LE BRINE GEOTERMICHE

Come noto, la Tuscia ospita un vasto parco termale, che però dovrebbe restare fuori dagli studi. Non saranno coinvolte le sorgenti sulfuree, bensì pozzi di altra natura. Come riportato dal Messaggero, l’obiettivo di Enel Green Power sarebbe la “produzione di litio derivato dalle brine geotermiche nella regione dell’alto Lazio”. Il processo consiste nel “produrre il fluido dai pozzi geotermici, generando l'energia necessaria per estrarre il litio, direttamente dai fluidi geotermici stessi. L’obiettivo è reperire l’idrossido di litio da fornire ai produttori di catodi (industrie delle batterie e dell’E-mobility) e, quindi, eliminare la produzione di CO2 rispetto alla catena di fornitura convenzionale". La domanda di litio è alta, ma i giacimenti mondiali si contano in pochissimi Paesi (soprattutto sudamericani), per questo scoprire una fonte in Italia andrebbe a ridurre la dipendenza dall’estero. 

GLI STUDI DEGLI ANNI 80 E 90

I pozzi a cui fa riferimento Enel sono stati perforati tra gli anni ‘80 e ‘90. Sarebbero cinque, oggi tutti sottoposti a chiusura mineraria e ripristino ambientale. Due di essi, per la compagnia italiana, avrebbero “accertato la presenza di litio ad una profondità di circa duemila/duemiladuecento metri, con una temperatura di 180-190°C ed una produzione di alcune centinaia di t/h di fluido con un contenuto in litio di diverse decine di ppm". Chiaramente, però, nel frattempo sono passati quasi quarant’anni e c’è da valutare ancora le potenzialità dei presunti giacimenti. Per questo, la raccolta dati di Enel durerà 500 giorni e sarà impiegato un pool di tecnici esperti. Gli australiani di Emi, invece, assolderanno tre geologi e si fermeranno in Tuscia per due anni.

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