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LOTTA ALLA VIOLENZA DI GENERE

Violenza di genere, L'Arma dei carabinieri forma il personale per tutelare le vittime di violenza

L’iniziativa, voluta fortemente dal Comandante provinciale Colonnello Massimo Friano, è andata a rafforzare la pronta risposta dell’Arma alle esigenze delle vittime

Il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, al fine di implementare la professionalità dei militari che operano nella provincia di Viterbo, per quanto attiene alla delicata tematica della violenza di genere, ha organizzato specifici corsi formativi presso la caserma di via de Lellis. Il primo ciclo di seminari, appena concluso, è stato tenuto da personale specializzato del Nucleo Investigativo ed ha visto la partecipazione di ben 70 militari provenienti da tutti i reparti dell’Arma Territoriale della Tuscia.

L’iniziativa, voluta fortemente dal Comandante provinciale Colonnello Massimo Friano, è andata a rafforzare la pronta risposta che ogni militare dell’Arma è chiamato a garantire alle vittime ed infatti vi hanno preso parte donne e uomini provenienti da ogni reparto che, in ragione del proprio servizio, potenzialmente possono ricevere la prima richiesta di aiuto.

A partecipare a questi corsi non sono stati soltanto i comandanti delle Stazioni, ma anche i militari che vi lavorano come addetti e quelli che effettivi presso le centrali operative o le aliquote radiomobili della Provincia, uomini o donne che in buona sostanza, come detto, in
strada durante un servizio di pattuglia o un turno in centrale a seguito di una chiamata al 112 possono essere i primi ad entrare in contatto con una vittima.

Proprio per fare in modo che in ogni angolo della provincia il lavoro dell’Arma sia competente ed esaustivo, gl’istruttori partendo dalla definizione in sé di violenza di genere, hanno illustrato tutta una serie di stereotipi e pregiudizi connessi ancora in questa materia, per poi operare un approccio multidisciplinare, volto ad implementare la conoscenza delle proprie competenze e degli attori sul territorio. Ovviamente al corso è stato dato un taglio operativo, illustrando l’evoluzione della procedura penale in merito e la normativa attuale,
ma soprattutto approfondendo le singole fattispecie di reato nel dettaglio. Particolare attenzione è stata data alla condizione di vulnerabilità, così come previsto dall’art. 90 quater del codice di procedura penale, e alla cosiddetta vittimizzazione secondaria, ovvero sia quel processo psicologico che porta la vittima di un reato di genere ad evitare di parlare di ciò che ha subito o a denunciarne l'accaduto, per colpa di una serie di atteggiamenti condizionamenti esterni, della società in genere o di singoli individui, le cui
conseguenti possono essere rafforzative o addirittura peggiori del trauma ricevuto. Proprio per scongiurare nel modo più assoluto che una vittima di violenza possa sentirsi non compresa o addirittura colpevolizzata nel momento in cui si rivolge ad una Stazione
dell’Arma dei carabinieri, ai militari sono state illustrate nel dettaglio le procedure operative delle cosiddette 4 A, ovvero, Attivazione, Accoglienza, Ascolto, Aiuto.
I corsi tenuti sono stati svolti anche in considerazione del grande lavoro che quotidianamente l’Arma dei Carabinieri svolge nel territorio, perseguendo più del 70% dei reati complessivi che in materia vengono consumati nella Tuscia.
Trattandosi di reati consumati in piccoli centri, al fine di tutelare la riservatezza delle vittime la cui individuazione poi sarebbe estremamente facile, molto spesso alla stampa non ne viene data notizia.

A conclusione dell’attività formativa il Colonnello Friano ha così commentato: “Il punto di forza dell’Arma è l’ascolto e la facile individuazione delle situazioni di disagio, favorito dal fatto di avere presidi capillarmente distribuiti quasi in ogni Comune della Provincia di Viterbo; molto spesso la vittima conosce personalmente il Carabiniere e con lui si confida. Trasmettiamo ai nostri operatori le migliori prassi per ricevere la vittima di violenza di genere o di altri reati che colpiscono le fasce più deboli della popolazione e i minori, a
partire dall’accesso a un ambiente consono all’ascolto e un approccio teso il più possibile ad evitare la cd. vittimizzazione secondaria.
L’obiettivo è quello di garantire una concreta presa in carico della vittima. Intendiamo farlo stimolando e affinando la sensibilità operativa dei nostri carabinieri e l’attivazione di concreti e fattivi rapporti di collaborazione con tutti gli attori istituzionali locali a vario titolo coinvolti nella prevenzione del fenomeno e alla gestione dei singoli casi (i servizi sanitari, sociali e socio-assistenziali, le scuole, le altre forze di polizia, le autorità giudiziarie, ...) per favorire approcci e risposte integrate”.

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