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SANTA ROSA

Scintille Sodalizio-Comune, il capofacchino Sandro Rossi: "Io devo difendere la tradizione, altrimenti sparirà per sempre"

Parla il capofacchino, dai motivi dei dissapori con le istituzioni ai retroscena del 3 settembre

Lo scontro tra il Sodalizio dei facchini della macchina di santa Rosa e il comune, o le istituzioni in generale, ha raggiunto vette altissime. Soprattutto ieri, con lo scoppio della polemica dovuta allo sfogo social del consigliere di Viterbo2020 Eros Marinetti, il quale ha attaccato pesantemente i facchini, in particolare il capofacchino Sandro Rossi.

Il capofacchino, dopo tre giorni di silenzio, torna a parlare e svela le reali motivazioni dell’alta tensione tra il circuito del Sodalizio e le istituzioni. “Non vorremmo creare ulteriore imbarazzo - esordisce Rossi -, per questo parleremo apertamente dopo le cene”. Intanto, peró, qualcosa si può dire. “È stata una notte (quella del 3, ndr) intensa, il trasporto è andato splendidamente, come sempre. Siamo soddisfatti, anche gli anziani, perché tutto ha funzionato perfettamente, senza problemi. In questo, siamo dei perfezionisti”.

Ma la soddisfazione e la gratificazione, tre giorni fa, hanno rischiato di lasciarsi sostituire dalla rabbia e dalla frustrazione. Con la macchina partita con un’ora di ritardo, dovuto alle fermate - senza Gloria sulle spalle - effettuate da Rossi e dai suoi facchini in piazza del Teatro, Suffragio e piazza delle Erbe. In questa intervista a ViterboToday, il capofacchino aveva annunciato che, qualora l’affluenza in determinati punti avesse lasciato a desiderare, loro si sarebbero fermati. Ma la panacea di tutti i mali non deve essere cercata in quelle parole, bensì in tutto quel che è successo dalla mattina del 3 alle 21.

Prima di spiegare, Rossi fa una precisazione: “Il nostro compito è quello di fare tutto quel che è necessario affinché la festa di santa Rosa venga tramandata nei secoli dei secoli. Per far questo, è fondamentale che la macchina venga vista da quante più persone possibile, anche se un pezzetto piccolo da lontanissimo. Perché, in quella sera, guardandola, la gente si libera: chi prega, chi chiede un miracolo, vedono nella luce il volto dei loro cari scomparsi. Insomma, vogliono qualcosa dal trasporto. E noi vogliamo dargliela”. Ma c’è un modo per poter donare queste emozioni. “I facchini, che sono persone comuni e non superuomini, vanno caricati. Noi facciamo il possibile per incitarli, urliamo a squarciagola, ma serve anche altro”. Ed è proprio questo “altro”, che ha rischiato di mancare, ad aver scatenato il caos. “Il giro delle sette chiese non si è fatto ed il ritiro al Boschetto nemmeno, perché ci siamo dovuti spostare al PalaMalè. Ci sono stati dei cambiamenti a quella che è la consuetudine, la tradizione. E, quando entri e vedi che le cose non sono come ti erano state descritte, penso sia legittimo essere un po’ arrabbiati e delusi”.  

Promesse non mantenute, dunque, alla base dell’incidente diplomatico sfiorato per un soffio. Questa, perlomeno, è la versione da lui fornita. “La festa - prosegue Rossi - non è come era stata impostata quest’anno, io sono qui per salvaguardare la tradizione ed è mio dovere chiedere che non venga cambiata. Altrimenti, di questo passo, ci ritroveremo un bel trattore sotto alla macchina, non i facchini. E capite bene che non ha senso stare nell’Unesco se quel che viene riconosciuto come patrimonio dell’umanità viene snaturato”. Eppure, secondo Comune e Prefettura, la colpa sarebbe della circolare Gabrielli. “Noi non discutiamo la sicurezza, siamo consapevoli delle circolari, ma la festa va fatta in una determinata maniera. È sempre stato così da che io ne abbia memoria. Bisogna mettersi ad un tavolo dove ognuno dice la sua, ma via della Sapienza vuota è anormale, non era mai successo. E se è vero che il prossimo anno mi tolgono via Garibaldi e chiudono piazza delle Erbe, io la macchina a chi la porto?”.

Nell’attesa di sapere cosa accadrà il prossimo anno, Rossi chiede rispetto per i facchini, anche al netto delle stoccate lanciate da quelli che non hanno gradito la dura presa di posizione del Sodalizio. “Qualcuno di noi ha problemi alla colonna vertebrale, ad esempio io ho quattro ernie. Trent’anni di trasporto si fanno sentire. Qualcuno si rovina anche la vita, il giorno dopo fatica ad alzarsi dal letto e dà comunque un enorme contributo alla città. Rispetto alla popolazione, i facchini sono pochi e, nonostante questo, trasmettono felicità a tutti i viterbesi. Per questo vanno rispettati ed è impensabile che succedano queste cose”.

Infine, il capofacchino svela anche il giallo sulla girata negata in piazza del Comune. Sempre in questa intervista, aveva dichiarato che sarebbe stata fatta e, quando gli è stato ricordato, lui ha ironizzato: “Dal momento che è stato cambiato tutto, anche noi abbiamo voluto cambiare qualcosa (ride, ndr). Massimo Mecarini è comunque andato dal Prefetto a porgere i saluti”. E, se la girata al Comune non è stata fatta, forse per dare un segnale alla politica - che è arrivato forte e chiaro - c’è stata la sorpresa dell’alzata sul sagrato della basilica. “Abbiamo deciso di tenerla nascosta, l’abbiamo dedicata ai nostri Massimo Taratufolo e Baffino, che sono sempre nei nostri cuori. È stato uno sforzo disumano, ma ne è valsa la pena. Vedere le loro immagini sul maxischermo ci ha toccato profondamente, dandoci l’energia necessaria”.

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