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TRAGEDIA IN CASERMA / Vitorchiano

La lettera del maresciallo Presutti prima di uccidersi: "Trasferito a Viterbo in un settore dove la mia specializzazione non serve a nulla"

Il finanziere di Vitorchiano spiega le cause che lo hanno portato a compiere il gesto. Il sindacato Silf: "Si avviino indagini puntuali"

Ha chiesto il trasferimento a Viterbo per anni, presentando "innumerevoli domande". Ma, una volta ottenuto, è "stato destinato a un settore di servizio completamente diverso, che non ho mai fatto, nonostante ci siano uffici alla stessa sede in cui è previsto l’impiego di personale con la mia specializzazione. Questo nuovo impiego ha suscitato in me una forte tensione emotiva dovuta anche allo stress che ho accumulato nel corso degli anni di servizio, poiché sono stato impiegato anche in turni di 12/18 ore continuative o senza rispettare l’intervallo tra un turno e l'altro che deve essere di 11 ore".

Beniamino Presutti, il finanziere di Vitorchiano che si è ucciso con la pistola di ordinanza al comando provinciale di Pistoia dove lavorava, lo ha scritto nella sua ultima email prima di suicidarsi. "Questo mio gesto - ha puntualizzato - è legato esclusivamente alle vicende lavorative. Se sono arrivato a questo punto è perché nella Guardia di finanza c'è una tensione altissima. La gerarchia vuole che agli occhi dell'opinione pubblica l'immagine del Corpo appaia perfetta, senza interessarsi minimamente del personale".

50 anni, maresciallo, aveva raggiunto il suo 29esimo anno di servizio, 25 dei quali passati in sala operativa. "Ho preso - ha spiegato Presutti nella lettera - una specializzazione e diverse qualifiche necessarie per poter operare in settori di servizio specifici. Ma ora, ottenuto il trasferimento a Viterbo, sono stato destinato a un settore completamente diverso, che non ho mai fatto".

Il gesto estremo di Presutti ha scioccato tutti: appartenenti al Corpo e non. In una nota il sindacato dei finanzieri, Silf, scrive: "Non possiamo sapere se le motivazioni siano davvero ascrivibili a quanto può aver vissuto il lavoratore ma ci auguriamo che, almeno in questo caso, si avviino indagini puntuali per capire cosa sia successo nelle ultime settimane. Non chiediamo di trovare singoli colpevoli, che nel caso devono rispondere alla loro coscienza prima di tutto, ma pretendiamo che si squarci, sul fenomeno dei suicidi in divisa, la cortina fumogena delle amministrazioni d’appartenenza, troppo spesso più occupate a salvaguardare la propria immagine che il benessere del personale, avviando interventi immediati sulle criticità organizzative. Lo spirito di corpo non si dimostra nascondendo la polvere sotto un tappeto ma affrontando con onestà e trasparenza i problemi".

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