Incendio nella ditta che lo ha licenziato, il tuttofare di mafia viterbese condannato per la "vendetta"
Sentenza per Ionel Pavel che ha mandato in fumo un capannone e sette mezzi carichi di cereali
Una "vendetta" che gli è costata una condanna. Il tribunale di Civitavecchia ha inflitto a Ionel Pavel, il 39enne romeno considerato il "tuttofare" di mafia viterbese, due anni di reclusione per aver incendiato il capannone adibito a rimessaggio e officina della ditta di trasporti per cui aveva lavorato nella zona artigianale di Tarquinia.
Un incendio doloso, aggravato dall'averlo appiccato su impianti industriali, avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 luglio 2014 e che, per le vaste proporzioni, ha mandato in fumo anche sette mezzi carichi di cereali provocando un danno complessivo di oltre un milione e 200mila euro. Secondo l'accusa, in questo modo Pavel si sarebbe vendicato del licenziamento deciso dai datori di lavoro dopo che lo avrebbero sorpreso a rubare gasolio.
Le indagini sono state riaperte dopo quasi cinque anni dal fatto dai poliziotti del commissariato di Tarquinia. A loro si sono rivolti i titolari della ditta che avevano riconosciuto Pavel tra i tredici arrestati, all'alba del 25 gennaio 2019, nell'ambito dell'operazione antimafia Erostrato. Tra il 2017 e il 2018 la banda capeggiata dai boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi, di cui il 39enne sarebbe stato il "tuttofare", hanno messo a ferro e fuoco Viterbo.
Per l'incendio alla ditta di Tarquinia i poliziotti sono riusciti a risalire a Pavel con la comparazione del profilo genetico rilevato su alcune tracce di sangue repertate dalla scientifica sul luogo dei fatti, e che fino a quel momento appartenevano a "ignoto", con quello dell'arrestato dell'operazione Erostrato. L'esito è stato positivo.
Pavel, tradito dall'esame del Dna, ieri è stato condannato a due anni di reclusione dal tribunale di Civitavecchia a conclusione di un processo iniziato poco più di un anno fa. L'imputato è stato difeso dall'avvocato Michele Ranucci del foro di Viterbo.