Marta Cerbino, la giovane cuoca che ha mollato le cucine gourmet e ha aperto una trattoria a Montefiascone
Ha avviato Il Languorino dopo esperienze al fianco di grandissimi chef in tutto il mondo. Tra prodotti della Tuscia e interpretazioni personali, è una delle insegne più promettenti della zona
Cosa guida la mano di una cuoca appena trentenne entrata caparbiamente tra le fila di alcuni dei migliori ristoranti d’Europa che, a un certo punto, decide di trasferirsi sul Lago di Bolsena e impiantare la propria azienda agricola? Per poi ritrovare la strada della cucina, pensandola però a modo suo, con radici profonde nel territorio ma il pensiero anche altrove. Si può riassumere così la storia di Marta Cerbino, romana di nascita ora basata a Montefiascone, in provincia di Viterbo, dove conduce dal 2020 Il Languorino. Una “trattoria moderna”, come la definisce lei, che sta facendo parlare molto di sé. Le abbiamo chiesto di spiegarci come mai.
I viaggi e le esperienze di Marta Cerbino
Nata a Roma nell’89, al termine del liceo scientifico non può ignorare la voglia costante di cucinare e completa corsi professionali. Qualche trattoria capitolina per le prime esperienze e poi un “battesimo del fuoco” di un anno al tristellato La Pergola di Heinz Beck. “Con un collega, un giorno andai a pranzo da Riccardo Camanini, che era ancora a Villa Fiordaliso. Una folgorazione”. Da allora l’attesa si liberasse un posto nella brigata, mentre seguono esperienze in relais toscani, oltre a quelle — di tutto rispetto — al Bauer di Venezia e alla Locanda Perbellini sul Garda. Da Camanini, infine, riesce ad arrivare, trascorrendoci in tutto tre anni. “Fondamentali. Dedizione, organizzazione e disciplina incredibili. Ho imparato più a livello tecnico in quel periodo che nel resto del mio percorso”, fa Cerbino.
I racconti del maestro sull’alta gastronomia e le sontuose tavole francesi le fanno venir voglia di andarli a conoscere di persona. Poco dopo l’arrivo a Parigi, un nuovo colpo di fulmine “per la cucina di Iñaki Aizpitarte a Le Chateaubriand. Una cena indimenticabile e di lì a poco ero in cucina. Anche lì sono rimasta tre anni”. In cosa l’ha formata, invece, l’esempio del basco? “L’approccio diametralmente differente. Lui è tutto estro, divertimento, scoperta. Ho potuto maneggiare qualsiasi tipo di ingrediente”. In Francia tocca anche la realtà dell’agricoltura e permacoltura sostenibile — grande impegno di chef Aizpitarte — che sceglie di approfondire al rientro in Italia.
L’apertura del Languorino a Montefiascone
“Nel 2018 mi sono stabilita a Montefiascone, nella Tuscia, per non allontanarmi troppo da Roma, ma nel contesto giusto per aprire un’azienda agricola”. L’orto è la sua vita per un paio di anni, prima di essere chiamata da Iside De Cesare — brava patronne della Parolina di Trevinano — a condurre la cucina del Podere di Marfisa. In sala incontra Stefano Serafini, suo attuale compagno originario della stessa Montefiascone, con il quale nel 2020 rileva un ristorantino in pieno centro, giusto ai piedi della Rocca dei Papi. “I tempi erano maturi per fare da sola. O meglio con Stefano, che ha una passione profonda per questa zona ed è convinto — come me — che abbia un patrimonio ancora tutto potenziale. Qualcuno deve tirarlo fuori”. A dicembre 2020, tra un lockdown e l’altro, inaugurano senza timori il loro Languorino. Una “trattoria moderna” da non più di una trentina di coperti, che dal primo giorno hanno voluto accessibile, accogliente e semplice da leggere.
Cosa si mangia e beve al Languorino e quanto si spende
Qui comanda il territorio, a tavola come in cantina. Ma non quello sbandierato per dovere narrativo, piuttosto il ritratto composto dal coro di produttori che per Marta e Stefano non sono tanto fornitori quanto amici stimati. Dall’olivicoltore al casaro, dal norcino all’agricoltore. Fino, naturalmente, al vignaiolo. La loro è “una carta di vini quasi del tutto naturale, fatta all’85% da etichette di qui. E si può bere ad alti livelli”. Per il menu, una struttura agile: “Quattro antipasti e altrettanti primi e secondi. Uno vegetariano, di carne, di pesce di lago e di mare”. Non c’è una degustazione, ma i consigli di chi serve possono disegnare un percorso adatto, “magari sul pesce di lago, ancora troppo legato a un approccio retrò che non gli rende giustizia”.
Il menu è ridefinito a ogni stagione, ma Cerbino, a chi si siede ora, fa assaggiare falafel di lenticchie di Onano con insalatina di verdure, maionese al curry e pesce persico di Bolsena; un antipasto timbrato dal suo gusto per l’oriente pur restando aderente al contesto. Ci sono poi almeno due paste fresche ogni giorno, riso o orzotto, poi secondi originali. Tra i più recenti la salsiccia di manzetta maremmana come un pastrami insaccata in casa, servita con purea di melanzane bruciate. Infine dolci “da chef” che non temono l’inserimento di verdure, con spuma al mascarpone con cetrioli canditi, salsa di pomodorini gialli e vaniglia e lingue di gatto al pomodoro. Tutto per uno scontrino medio di 40-45€. Una proposta che forse non ci si aspetta, da queste parti, ma che proprio per questo — secondo noi — promette grandi cose.