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Sabato, 20 Aprile 2024
INTERVISTA / Garbini / Viale Trento

Degrado a viale Trento, il racconto di chi lo vive: "Pieno di persone che vanno integrate, in futuro porteranno loro la macchina di santa Rosa"

Paolo Pelliccia, commissario straordinario della Biblioteca consorziale di Viterbo, interviene sullo stato di degrado di Viale Trento e propone alcune sue soluzioni per fermarlo

Dopo l’ennesimo episodio di violenza registrato questa settimana, viale Trento è finito nuovamente al centro del dibattito pubblico. C’è chi chiede interventi drastici, come lo sgombero e posti di blocco permanenti, a testimoniare quanto la situazione sia davvero ai limiti. Ma chi da anni vive quotidianamente quel luogo, come Paolo Pelliccia, commissario straordinario della Biblioteca consorziale di Viterbo, ha un’altra visione: “I problemi in questa zona ci sono da una vita. Capisco le paure della gente, ma questo è il mondo di oggi. La domanda su come fermare quella che viene definita una deriva sarebbe da porre alle autorità o a chi ne ha competenza”. 

Cosa vede Paolo Pelliccia, ogni giorno, a viale Trento?
“Vedo tante cose, però sono privo di soluzioni, perlomeno di quelle che sembrano piacere alla gente. Io penso che queste persone siano state abbandonate. Ci sono pagine di giornali di tutto il mondo piene di fatti identici a quelli che avvengono qua a viale Trento. Il nostro è un problema, è innegabile, ma credo dipenda dal fatto che non li abbiamo saputi includere. Io ci parlo spesso con molti di loro e, se potessi, lascerei la biblioteca solo per occuparmi di tutte queste situazioni”.

E quando ci parla cosa le dicono?
“Capiscono di essere inquadrati con sospetto e di essere percepiti come un pericolo. Ma voglio fare una metafora: qua vicino c'è un giardino di proprietà del comune che è sporco. La colpa di chi è? In primis, di chi sporca. Temo sia inutile darne colpa alla politica. Anche perché, i dirigenti che prendono un bello stipendio, che fanno?”.

Cosa pensa dell’immigrazione?
“La storia è piena di migrazioni, basti pensare solo alle nostre. Siamo diventati italoamericani nel bene e nel male, in America abbiamo fatto fortuna ed anche organizzato qualcosa di orrendo”. 

Quindi per lei l'immigrazione non è un problema?
“Vorrei raccontare un aneddoto per far capire la differenza che c’è, secondo me, tra queste persone che oggi vengono additate come colpevoli del degrado e quelle che portano la cravatta ed hanno una responsabilità maggiore. Quando presi l’incarico della biblioteca, oltre a metterla a posto e rinnovarla, ho posto l’attenzione sulla caserma dei vigili del fuoco. Oggi ce ne sono due, una in disuso. Feci un manifesto, ancora reperibile, dove immaginavo l’unificazione del polo bibliotecario consorziale e di quello universitario, andando contro me stesso ed i miei interessi. A nessuno è fregato nulla, poi si è messa in mezzo l’università per farne io non so cosa. Ad oggi, come detto, io so che abbiamo due caserme. Un’autorità, di cui non posso fare il nome, mi disse di togliere quell’articolo. Era un manifesto pulito, tuttavia mi fu detto, da una persona che occupa le istituzioni, che un’autorità non lo gradiva. In biblioteca c’è la sala per la lettura legalizzata, con i volti dei martiri della Repubblica. Piersanti Mattarella, Falcone, Borsellino, le persone della scorta e 10 donne che hanno difeso la libertà di stampa e opinione. A volte, di fronte a certa maleducazione istituzionale, mi chiedo chi gliel’abbia fatto fare a queste persone di morire per un’idea migliore di paese”. 

Dunque, quali sarebbero le sue soluzioni?
“Partiamo da quello che non è stato fatto. Qualcuno ha organizzato corsi di italiano per queste persone? Gli ha spiegato che ci sono diritti e doveri? Ha cercato veramente di integrarle, tenendo presente la differenza tra la nostra cultura e la loro, che va comunque rispettata? Mi sembra evidente di no. Quando sento dire ‘mandiamoli a casa’, mi viene da ridere. Sono tutte cazzate. È inevitabile, come è stato inevitabile l’inquinamento terrestre”.

Lei propone un’integrazione, ma qualcuno fa notare che il processo d’integrazione sembrerebbe essere in atto. Le persone di questa comunità aprono attività, ad esempio…
“Hanno aperto altre due attività e ne apriranno ancora. Io, per due anni, ho avuto l’entrata della biblioteca occupata la sera da molti di loro. C’erano coperte, feci, urina, birre… di tutto. Ci ho messo due anni per ristabilire l’ordine, parlandoci e facendogli capire che quello non era un dormitorio. Senza accoltellamenti e senza litigi. È troppo facile dire di volerli cacciar via ma, certamente, così si prendono i voti e si aumenta il consenso. Ti lascio il problema e te lo sbatto in faccia”. 

Come pensa possa evolversi questa situazione negli anni?
“Nel futuro, la macchina di santa Rosa chi la porterà? Ci sarà gente di altri paesi, a me non piace dire di colore o neri, che la porterà? Secondo me sì. Diventeranno italiani a tutti gli effetti, molti nostri figli si sposeranno con loro. A me, per quanto possa sembrare forte e burbero, ha toccato il cuore la storia di quella bambina morta disidratata su un barcone. Ma dov’è l’umanità? Noi parliamo dell’accaduto, ma non ci domandiamo perché accadono queste cose”.  

Lei se lo domanda?
“Certo, tutti i giorni. Ma vorrei anche dire che prima, nel secolo scorso, viale Trento era comunque una fogna e Viterbo aveva gli stessi problemi di cui parliamo oggi. Ad esempio, in un articolo del 1958, si parla di ‘rimozione del passaggio a livello’. Sono passati 64 anni e a piazzale Gramsci ancora c’è la sbarra. Ecco, per me gli immigrati c’entrano molto poco con i problemi strutturali della città”. 

Secondo lei, che praticamente vive lì tutti i giorni, le forze dell’ordine stanno facendo il possibile per garantire la sicurezza?
“Le forze dell’ordine ci sono state, pattuglie e questori sono intervenuti per cercare un deterrente. Però, se non fai inclusione, se non dai a queste persone un ruolo all’interno della società, non se ne esce. Qualcuno dirà che anche il mio discorso a parole è facile, ma non vedo altre soluzioni. Dobbiamo decidere se siamo nell’umanesimo, se siamo una razza umana, o se dobbiamo rivedere teorie di Levi Strauss”. 

Secondo lei il comune dovrebbe intervenire su viale Trento, renderlo un posto più vivibile?
“Michelini una volta mi chiese di fare l’assessore, io dissi di no perché non mi sentivo in grado. Però, qualche idea ce l’avrei. Questo benedetto viale andrebbe abbellito, illuminato, bisognerebbe anche studiare per capire se possano sorgere parcheggi sotterranei al fine di favorire le passeggiate. Togliendo questa sensazione di abbandono, forse certi fenomeni diminuirebbero. Poi, purtroppo, la cattiveria e la violenza ci sono e ci saranno per sempre. Alla sindaca Frontini consiglio di chiamare degli esperti per valutare la situazione. A me piacerebbe molto aiutare, ho visto tanto dolore e tanta sofferenza, ci proverei a migliorare le cose. Uno dei miei sogni era organizzare le colonie per i ragazzi che non hanno la possibilità di andare al mare…”. 

Pelliccia, terminata l’intervista, ha voluto fare un ringraziamento: “Voglio ringraziare pubblicamente tutti i nostri donatori, l’associazione Carivit e tutti i suoi presidenti, che non ci hanno mai negato l’appoggio in questi anni. La biblioteca va avanti anche e soprattutto grazie a loro”.

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