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Cultura

Opera columbaria, la "bibbia" dei colombari della Tuscia

Nuovo libro di Giacomo Mazzuoli e Giuseppe Moscatelli

I colombari rupestri costituiscono una singolarità archeologica della Tuscia poco nota e ancor meno studiata, nonostante la loro grande diffusione in ogni parte del territorio. Pur riscontrandosi sporadici esempi in altre regioni d’Italia – come in Sicilia, Puglia e nell’appennino emiliano – l’Etruria meridionale resta la patria dei colombari rupestri, in virtù di una conformazione geologica ricca di pareti rocciose di origine vulcanica che cadono a picco su fiumi e fossi che hanno inciso nel corso dei secoli profondissime forre di ineguagliabile bellezza paesaggistica. E proprio sull’alto di queste pareti, in epoca non ben precisata, sono state scavate grotte massivamente scolpite di nicchie per l’allevamento dei colombi.

Colombario a Bagnoregio (Foto G. Moscatelli)-2

Si riteneva in passato che questi ambienti costituissero antichi sepolcreti etrusco romani e che le cellette fossero adibite alla deposizione di urne cinerarie. Questa diffusa considerazione ha in qualche modo contribuito alla loro svalutazione nel sentimento comune, come pure nell’interesse degli studiosi: la Tuscia rupestre con le sue vaste necropoli e le tombe monumentali può in effetti vantare emergenze archeologiche di ben maggiore pregio e impatto. La volontà e la necessità di valorizzare e far conoscere ai più queste antiche e preziose testimonianze ha indotto l'associazione Canino info onlus a promuovere e realizzare una amplissima ricognizione e ricerca sul campo i cui esiti sono stati appena pubblicati nel libro “Opera Columbaria. Colombari e colombaie nella Tuscia rupestre”, monumentale volume di gran formato ricco di oltre 450 pagine con centinaia di foto tutte a colori scritto da Giacomo Mazzuoli e Giuseppe Moscatelli, autori ben noti e affermati nel campo.

Il libro Opera columbaria-2

Il libro si avvale della autorevolissima presentazione di Stefania Quilici Gigli, archeologa e accademica di fama, che per prima negli anni ottanta realizzò l’unico meritorio lavoro scientifico sul tema, visitando e documentando una cinquantina di colombari della Tuscia. La pubblicazione, ricca di un sontuoso apparato iconografico, ha impegnato gli autori per quasi tre anni, portandoli a percorrere passo passo tutta la Tuscia: dai limiti settentrionali in territorio toscano, a quelli orientali umbri, fino alle propaggini meridionali nella campagna romana. Ne è emersa la catalogazione di ben 242 colombari per ciascuno dei quali sono indicate la località con relative coordinate, le dimensioni, il numero di cellette, la tipologia. Taluni ipogei sono meritoriamente inseriti in percorsi guidati e quindi accessibili in sicurezza come ad Orte e Orvieto. Talora si è sperimentato un qualche tentativo di tutela e valorizzazione installando come a Sorano strutture metalliche munite di scale a ridosso delle rupi per consentire l’accesso ad alcuni colombari in posizione elevata o inserendoli come a Sovana e Vitozza in circuiti turistico archeologici integrati. Per molti altri, non potendo trascurare i rischi, occorre una buona dose di incoscienza e di entusiasmo per poterli raggiungere. Talvolta ci si deve calare nei dirupi con funi e attrezzature professionali specifiche. Nei molteplici casi censiti di colombari del tutto inediti o citati da fonti scritte o memorie orali, ma ormai irreperibili, gli autori si sono affidati all’esperienza acquisita, all’analisi accurata dei luoghi e all’intuizione, senza trascurare un pizzico di fortuna.

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