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L'OPINIONE

Chi è Luca Tilia, l’uomo-ombra coinvolto nella “morte” della Viterbese: i legami con la politica ed i fallimenti nel calcio

Viaggio nel presente e nel passato dell’avvocato che ha assistito la Viterbese negli ultimi istanti di vita calcistica

Dietro le travagliate vicende della Viterbese, scomparsa dal panorama calcistico a seguito della mancata iscrizione alla prossima Serie D, si celano diversi personaggi. Uno in particolare, sebbene abbia cercato (stampa permettendo) di starsene nelle retrovie, sembra aver giocato un ruolo molto importante, se non da protagonista. Stiamo parlando di Luca Tilia, avvocato capitolino sulla carta legale dell’ormai ex presidente Marco Arturo Romano ma, nella pratica, direttore generale e dunque dirigente dell’ultima Viterbese. Tilia, per diverse settimane, non è mai uscito allo scoperto. Tuttavia, mentre i gialloblu annaspavano tra le situazioni di campo e quelle extra-campo, il suo viso è stato ben presto associato al caos societario che ha coinvolto i leoni. Era infatti lui, su delega del presidente, colui che ha fatto da mediatore con squadra e dipendenti sulle questioni stipendi ed è stato proprio lui il tessitore delle trame legali imbastite da Romano prima di lasciare la città. 

Luca Tilia, allora presidente del Martina Franca-2

L’avvocato, però, a prescindere da quanto accaduto negli ultimi mesi della stagione 22/23, era già inviso a buona parte della tifoseria. Questo perché Tilia, a Viterbo, lo si era visto all’opera nel recente passato. E, va detto, non lasciando bei ricordi. Nell’estate del 2017, quando la Viterbese era in mano a Piero Camilli, qualificandosi a capo di una cordata, aveva infatti tentato di rilevare la società. In un video rintracciabile su YouTube, si vede Tilia durante una conferenza intento a chiarire la sua posizione, accusando Camilli di aver fatto saltare la trattativa in maniera scellerata. Dal canto suo, il patron di Ilco ha sempre sostenuto che Tilia gli avesse presentato come garanzia per l’iscrizione un Cud da circa 10mila euro e mai una fideiussione. Quale sia la realtà dei fatti è impossibile saperlo, l’unica cosa certa è che, in quell’occasione, le contrattazioni si arenarono. Poco male, visto che Tilia, sei anni più tardi, entrerà nella Viterbese, passata nel frattempo tra le mani di Romano. Prima come socio, poi come direttore generale. 

La cosa curiosa, smentita dal diretto interessato, è che - forse per una serie di sfortunati eventi, investimenti sbagliati o vedute contrapposte - in qualsiasi piazza calcistica abbia messo piede, Tilia non è ricordato con simpatia. Lo sciagurato epilogo della Viterbese, infatti, non è un evento isolato nel suo lungo cursus honorum. Anzi, tutt’altro. Nel 2016, l’avvocato lasciò la presidenza del Martina Franca - dopo soli sei mesi - per accasarsi ai vertici della Casertana, poltrona abbandonata quattro mesi più tardi. Entrambi i club, a causa delle turbolenze, fecero crac rischiando di scomparire dalla mappa del calcio italiano. Nel 2018, poi, un anno dopo la querelle con Camilli a Viterbo, Tilia divenne socio del Campobasso e, malgrado un iniziale e concreto aiuto ad evitare il fallimento, se ne andò lasciando la squadra sull’orlo del baratro. A differenza di quanto accaduto a Martina Franca e Caserta, però, i molisani riuscirono ad evitare il fallimento. Insomma, quattro avventure nel calcio ed altrettanti fallimenti. Tre nel vero senso della parola, uno a livello imprenditoriale più che calcistico. 

Romano, Tilia e il padre di Tilia fuori al Comune-2

E dunque, questo è il curriculum calcistico di Tilia. Poche luci e tante ombre, da Viterbo al Sud Italia. Ma un’altra passione del nostro personaggio è anche la politica, condivisa con il papà Pietro. L’esperienza elettorale di Luca è durata poco, circoscritta soltanto alle elezioni europee del 2014, quando venne candidato dalla Lega nel collegio dell’Italia centrale raccogliendo 781 voti. Il padre, invece, ne ha avuta una più longeva ma all’insegna del trasformismo, cominciata nel 1994 con Pannella, proseguita nell’Italia dei Valori di Antonio di Pietro e culminata, incredibilmente, nel Pdl di Berlusconi. Poche le soddisfazioni, solo un’elezione a metà anni 2000 come consigliere nel Municipio X di Roma con l’Idv, “viziata” successivamente dal passaggio al Popolo della Libertà, nella corrente di Claudio Fazzone, a cui è ancora ascrivibile. Nel 2006, con i berluscones, ha concorso senza fortune in posizione non eleggibile per un posto al Senato nel collegio Lazio2, nella stessa lista che portò all’elezione di Giulio Marini, con cui avrà a che fare suo figlio alla Viterbese. Pietro Tilia, oltre ad aver continuato a coltivare i suoi legami politici, è stato infine coinvolto nella vicenda sportiva di via della Palazzina, essendo stato nominato amministratore unico e legale della Viterbese. Nelle estenuanti giornate di trattative col Comune per il rinnovo della convenzione del Rocchi, anche lui era presente assieme al figlio e a Romano. Pure se i tifosi non hanno mai capito cosa c'entrasse con la squadra.

Un vero e proprio dedalo di intrecci calcistici, politici, economici e finanziari, quello nel quale figurano Luca e Pietro Tilia. Nulla di illegale, certo. Ma, nonostante ciò, i punti luce sono pochi e sovrastati dalle ombre. Le stesse ombre nelle quali l’avvocato romano, assieme al padre, si è mosso a Viterbo durante le complicate ultime giornate di vita sportiva della Viterbese.  

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