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L'INTERVISTA

Santa Rosa, l'ideatore della macchina: "Da quando vedevo Volo d'angeli da una finestrella del Corso ad oggi, vi racconto il mio legame con il 3 settembre..."

Intervista all'architetto Raffaele Ascenzi che parla anche di una proposta innovativa per il futuro della festa

Raffaele Ascenzi appartiene a una delle famiglie più blasonate di Viterbo. Suo padre Silvio è stato sindaco dal 1983 al 1986, mentre suo nonno Filippo podestà dal 1931 al 1934, oltre che deputato e consigliere del Regno d’Italia. Lui, invece, di professione fa l’architetto e, come i suoi consanguinei, ha lasciato il segno nell’opinione pubblica viterbese. In particolare, Raffaele Ascenzi è legatissimo a santa Rosa in quanto ideatore di Gloria, attuale macchina, e Ali di Luce, entrambe tra le più belle.

Come sarà secondo lei questo 3 settembre?
“Mi auguro pieno di partecipazione da parte della città, ma non solo. Mi piacerebbe una Viterbo che riesca ad ospitare sempre più persone da fuori, visto che la notizia del trasporto sta travalicando anche i confini nazionali. Per cui, mi piacerebbe vedere tanta gente intorno a questa nostra festa”.

Quali ricordi riaffiorano dalla sua mente quando pensa a santa Rosa? 
“Dai primi trasporti, quando vedevo Volo d’angeli da una piccola finestra del Corso, ricordo tutto. Qualche frammento di quelle immagini ancora ce l’ho ben vive nella mia memoria. Tra l’altro, sotto alla macchina, per qualche anno c’era anche mio padre e per me, da bambino, era una grande emozione. Il resto della mia vita è legato ai trasporti. Da quando avevo 17 anni, quando ho fatto la prima prova di portata, ai 18, quando sono entrato nel Sodalizio e non me ne sono mai staccato. Quindi, ho un rapporto diretto e costante con questa festa”.

In merito al montaggio della macchina, ha lanciato un’idea innovativa, quasi avveniristica...
“Il ponteggio allestito per l’assemblaggio potrebbe diventare una torre museale visitabile, da installare per alcuni mesi a piazza San Sisto e da spostare in una zona periferica per i mesi invernali. Un’architettura effimera per conservare e divulgare la nostra tradizione”.

Ha già pensato a come poter rendere possibile questa idea?
“Bisognerebbe realizzare una teca che contenga e protegga la macchina, con un’apposita struttura che la renda fruibile ai visitatori. Per sei mesi potrebbe stare a San Sisto e poi in un’altra area cittadina, anche fuori dai circuiti tradizionali, che potrebbe così essere valorizzata. Penso sia arrivato il momento, spero questa amministrazione colga l’opportunità. Io da sempre sono un sostenitore di quest’idea ma, prima, voglio vedere il progetto e toccare con mano. La cosa che potrebbe rendere il progetto più semplice è renderla mobile e poterla spostare. Altrimenti sarebbe problematico sotto molti aspetti, se fosse fissa cambierebbe lo skyline di Viterbo ed è difficile che la Soprintendenza possa accettare un’opera non mobile”. 

Ha realizzato sia la macchina Gloria che Ali di Luce. Intende partecipare anche al prossimo concorso? 
“Mi farebbe molto piacere. Se la data della consegna dei bozzetti dovesse essere molto ravvicinata sarei in grossa difficoltà, perché ho delle idee ma non ho ancora avuto modo di metterle su carta. Trattandosi di una cosa complicata, serve ritagliare lo spazio adeguato per un buon progetto”. 

Qual è la parte di Gloria dove la sua impronta è più marcata?
“Sono due le zone che mi interessano maggiormente e rispecchiano di più la mia vena artistica. La base, che è comunque una novità per la macchina, perché rispetto al passato è molto nuova, con un tratto molto pulito ma al tempo stesso forte, che arriva in maniera diretta al pubblico. Poi la cima, la parte terminale intorno alla santa, perché è una composizione, secondo la mia interpretazione, del reliquiario che contiene il cuore di Rosa. Certamente non è identico, ma lo ricorda moltissimo”.

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