rotate-mobile
Martedì, 30 Aprile 2024
L'OMICIDIO / Soriano nel Cimino

"Il killer ha puntato alla faccia, Bramucci lo ha visto negli occhi e ha tentato di proteggersi con la mano"

Il carabiniere del nucleo investigativo che ha cristallizzato la scena del delitto ricostruisce la dinamica del delitto e la "raffica di colpi" che ha ucciso Salvatore Bramucci. Altri cinque testimoni ascoltati dalla corte di assise

Omicidio a Soriano nel Cimino, entra nel vivo quello che è a tutti gli effetti un maxi processo. Con l'unificazione del procedimento a carico di Constantin Dan Pomirleanu e di Alessio Pizzuti, gli ultimi a essere arrestati per il delitto di Salvatore Bramucci, gli imputati sono sei. Tutti accusati di omicidio pluriaggravato in concorso, ad eccezione di Pizzuti, lunedì 15 aprile erano tutti in aula. Compresa la moglie della vittima, Elisabetta Bacchio, comparsa per la prima volta. Insieme a lei sul banco degli imputati anche la sorella Sabrina, il compagno di quest'ultima Pomirleanu, Tonino Bacci, Lucio La Pietra e Pizzuti. Quattro, invece, le parti civili: i tre figli di Bramucci e il fratello Isolino.

I primi testimoni

Davanti alla corte di assise presieduta dal presidente del tribunale di Viterbo, Francesco Oddi, hanno sfilato i primi sei testimoni nel corso di un'udienza fiume iniziata con circa un'ora e mezzo di ritardo per difficoltà nell'arrivo degli imputati dai rispettivi carceri in cui sono detenuti. Per questo i giudici hanno disposto che in futuro prendano parte al processo in videocollegamento. Sentiti dalla corte la titolare dell'autonoleggio, nonché vicina di casa di Bacci, dove quest'ultimo avrebbe affittato una Smart Forfour, una delle due auto usate per l'omicidio, poi "regolarmente pagata e restituita". E ancora i datori di lavoro di Bacci e La Pietra, entrambi operai ed entrambi risultati non essersi recati al cantiere il 4 agosto 2022, quando sarebbe stato fatto un sopralluogo sul luogo del delitto. La Pietra non si sarebbe presentato neppure l'8 agosto, ossia il giorno dopo l'omicidio, con la scusa: "Sono stato male dopo aver esagerato a cena". Entrambi sono stati descritti come "persone serie e capaci sul lavoro dove si sono sempre comportati benissimo".

Ascoltati anche una dei tre ciclisti amatoriali che si sono imbattuti nell'auto con il cadavere di Bramucci e che hanno lanciato l'allarme, l'agente della penitenziaria vicino di casa della vittima e il maresciallo del nucleo investigativo dei carabinieri che ha fatto i rilievi sulla scena del crimine.

La ricostruzione dell'omicidio

Così il militare ha ricostruito quanto cristallizzato: "La macchina aveva un foro nel parabrezza provocato da uno sparo partito dall'esterno, un altro sul montante dello sportello anteriore sinistro e ancora uno sul sedile del passeggero. Il vetro del finestrino lato guida era distrutto, con i frantumi caduti in corrispondenza dello sportello, il che ci dice che il veicolo era fermo o quasi. Bramucci aveva la testa a penzoloni verso il petto, sulla maglietta c'erano tracce di sangue e sul corpo i fori dei colpi di pistola: nei pressi dell'avambraccio, sul volto e sul pollice della mano destra. Quest'ultimo è stato provocato da un proiettile che si è poi conficcato nella mascella spaccando anche un molare. Era il proiettile più rovinato, presumibilmente il primo a essere stato esploso. Quello più lontano e fatto partire frontalmente, da oltre il parabrezza dell'auto. Bramucci ha visto il suo assassino, che ha puntato dritto alla faccia, e per difendersi si è messo la mano davanti al viso".

Cinque, in totale, i colpi sparati. "Tutti dalla stessa arma e a una distanza tra i due e i quattro metri circa - riporta il carabiniere -. Dopo aver esploso il primo colpo frontalmente, il killer ha girato intorno all'auto, si è avvicinato alla vittima e ne ha inferti altri quattro. Quattro i proiettili, tutti di grosso impatto e calibro, trovati nel corpo di Bramucci. Uno, invece, si era conficcato nel sedile dopo aver trapassato la spalla".

L'arma del delitto non è mai stata trovata. "Sulla scena del crimine non c'erano bossoli, il che ci dice che è stato usato un revolver, nel caso specifico di piccole dimensioni. Un'arma molto leggera, facilmente maneggiabile anche da un non esperto e dal bersaglio sicuro pure senza una grande mira", conclude il carabiniere.

La cicloamatore e il vicino che sentito gli spari

A lanciare l'allarme un gruppo di cicloamatori: due sorelle e un loro amico. "Erano le 8,34 - ripercorre una delle due ragazze -. Inizialmente abbiamo pensato a una donna, per via dei capelli lunghi della vittima, che si era sentita male alla guida. Non avevamo notato il parabrezza sfondato e il finestrino in frantumi. Avvicinandoci abbiamo poi visto il cadavere di un uomo. Non abbiamo sentito spari né incrociato qualcuno che scappasse via".

A udire i colpi, invece, è stato un agente della polizia penitenziaria vicino di casa di Bramucci. "Saranno state tra le 8,15 - 8,20 - ricorda -. Avevo intuito che non erano di fucile ma ho pensato che qualcuno avesse sparato a qualche cinghiale o altro animale. Una ventina di minuti dopo sono uscito per un servizio e mi sono imbattuto nei ciclisti e nella scena del delitto. Gli spari li ho sentiti perfettamente: ce n'è stato prima uno, poi quattro in sequenza da due intervallati da pochi secondi".

La prossima udienza

L'udienza è stata rinviata a lunedì 29 aprile. Anche questa sarà fiume. La corte di assise ascolterà il medico legale Elisabetta Baldari, l'ex comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Viterbo Marcello Egidio e tre militari che hanno condotto le indagini coordinate dal pm Massimiliano Siddi.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"Il killer ha puntato alla faccia, Bramucci lo ha visto negli occhi e ha tentato di proteggersi con la mano"

ViterboToday è in caricamento