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I PRECEDENTI

REGIONALI | I precedenti: di nuovo sfida Sabatini-Panunzi, nel 2018 vinse il centrodestra in tutta la Tuscia ma non bastó

Nel 2018 da Viterbo uscirono risultati clamorosi, oggi il duello si ripete

Mentre i dati dell’affluenza spaventano (si rischia un crollo incredibile), nelle urne si consuma l’ennesimo capitolo di uno scontro pluridecennale tra destra e sinistra. I partiti sono pressappoco gli stessi, così come i candidati in campo per i due schieramenti: ancora una volta, il faccia a faccia è tra Daniele Sabatini ed Enrico Panunzi.

Così diversi, così uguali. Esattamente come nel  2013 e nel 2018, sono loro i frontman delle compagini di centrodestra e centrosinistra. Hanno anche condiviso, nella prima consiliatura targata Zingaretti, l’aula della Pisana e, nel 2017, furono i promotori della riforma della legge elettorale, ancora oggi in vigore. Il primo duello tra i due risale, appunto, a dieci anni fa, quando il centrosinistra - dopo il crollo della giunta Polverini - prese le redini della Regione. Decisivo, ai fini della vittoria, fu l’apporto in termini di voti di Panunzi, che fece registrare il record storico di preferenze: ben 14mila preferenze e 498. Mai nessuno, prima di lui, era riuscito a raggiungere una quota simile. Il Pd, a livello provinciale, ottenne il 31,40%, risultando il partito più votato. Nel 2018 il politico dem fece il bis, strappando poco meno di 12mila voti e riconfermando il suo banco nella maggioranza zingarettiana.

Discorso diverso per Sabatini che, nel 2013, sotto le insegne dell’allora Pdl, riuscì ad entrare in Consiglio regionale grazie alle 4mila preferenze ricevute. Per cinque anni, l’allora baby-politico berlusconiano condivise il posto di lavoro con Panunzi, con il quale si prese la briga di redigere la riforma elettorale. Nel 2018, però, proprio in virtù della nuova legge elettorale, Sabatini rimase clamorosamente fuori: pur confermando tutti i voti ottenuti cinque anni prima, complice il nuovo sistema di attribuzione, il secondo seggio non scattó. Una doccia gelata, una delusione assimilata solo dopo diversi anni. Esattamente cinque anni dopo, Sabatini ha deciso di riprovarci. Sempre tra le file del centrodestra, ma con un altro partito: in estate l’addio a Forza Italia e l’ingresso in Fratelli d’Italia, che ha puntato tutto su di lui.

E allora, in attesa della chiusura dei seggi, è bene ricordare il precedente più recente, quello del 2018. Quando il risultato viterbese fu sorprendente. La corsa alla presidenza fu una vera e propria lotta all’ultimo voto tra l’uscente (poi riconfermato) Nicola Zingaretti e Stefano Parisi, candidato del centrodestra. Il risultato finale fu 32-31, con il primo che vinse a Roma e Rieti ed il secondo che risultó il più votato a Frosinone, Latina e Viterbo. Nel capoluogo della Tuscia, Parisi prese il 34%, mentre la coalizione di centrodestra sfiorò il 40%. A spoglio completato, i partiti si classificarono in quest’ordine: Pd (24%), Movimento Cinque Stelle (20%), Forza Italia (14%), Lega (12%) e Fratelli d’Italia (8,56%).

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