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LA SCISSIONE / Tarquinia

Tarquinia e Monte Romano preparano la secessione: "Porta d'Italia", ecco la nuova provincia

A marzo i consigli comunali dei due comuni "scissionisti" voteranno una delibera per uscire dalla Tuscia. Dubbi a Montalto di Castro

La Tuscia rischia seriamente di perdere due dei suoi Comuni. Se non tre, addirittura. I sindaci secessionisti (di cui avevamo parlato in questo articolo) fanno sul serio e si preparano a portare nei propri Consigli comunali le apposite delibere per l’uscita dalla provincia viterbese. Alessandro Giulivi e Maurizio Testa, primi cittadini di Tarquinia e Monte Romano, sono pronti al clamoroso scisma. E a guardare, per ora da lontano, c’è anche Montalto di Castro. La pazza idea è quella di formare la sesta provincia del Lazio, dal nome abbastanza affascinante: “Porta d’Italia”, a richiamare l’immagine di un territorio d’approdo per chi viene da fuori. Già, perché sono in totale 12 i comuni interessati all’eclatante progetto,laziale.

Oltre a Tarquinia, Monte Romano e, forse, Montalto di Castro, ci sono anche Fiumicino (che diventerebbe il capoluogo della nuova provincia), Civitavecchia, Ladispoli, Santa Marinella, Anguillara, Trevignano, Tolfa e Allumiere. A questi si dovrebbe aggiungere anche Cerveteri, che però sembra essersi defilata nelle ultime ore. Lunedì scorso, a Santa Marinella, i sindaci - tranne la Gubetti di Cerveteri - si sono incontrati per il vertice dal quale è uscita l’intenzione di convocare tutti i Consigli comunali lo stesso giorno, a marzo, per far approvare una delibera in cui sarebbe indicata la volontà di aprire l’iter per la formazione della sesta provincia.  

Inutile dire che, per la Tuscia, questa secessione sarebbe dannosa. Viterbo si troverebbe privata dei suoi principali lidi turistici e di uno snodo autostradale importante come quello di Monte Romano. Senza contare che potrebbe anche fermarsi quel processo d’avvicinamento a Civitavecchia iniziato ormai diversi anni fa e che dovrebbe suggellarsi con il completamento della Trasversale. D’altro canto, i comuni indipendentisti gioverebbero invece di maggiore autonomia e, molto probabilmente, di una burocrazia meno pesante. Per via della riforma Delrio, infatti, alla ipotetica provincia di “Porta d’Italia” spetterebbero competenze cruciali come l’organizzazione dei settori relativi all’istruzione secondaria di secondo grado, allo smaltimento dei rifiuti e ai trasporti. Insomma, la ricaduta sui territori sarebbe gravosa.

Ma se Civitavecchia, Santa Marinella, Ladispoli e tutti gli altri comuni aggregati a Roma si basano più che altro sulle scarse attenzioni che la provincia di Roma riserva loro, Tarquinia, Monte Romano e Montalto non sono poi così ignorati dentro la Tuscia. Anzi, in particolare la cittadina etrusca sulle rive del Tirreno è uno dei centri abitati di maggior peso, visti i suoi 17mila abitanti. Tuttavia, Giulivi pare voler tirare dritto, rivendicando i vantaggi della secessione, su tutte quella di migliorare i servizi pubblici da fornire ai cittadini. 

“Porta d’Italia”, qualora dovesse effettivamente vedere la luce, avrebbe un peso economico non indifferente. Si tratterebbe, infatti, di una sorta di meta turistica al 100%, dotata di mari, laghi (quello di Bracciano), monti (quelli di Tolfa e Allumiere) e addirittura di un aeroporto internazionale come quello di Fiumicino. Una superpotenza, insomma, da quasi 300mila abitanti, al pari di quelli della Tuscia. Un sesto incomodo che difficilmente avrà le simpatie di Viterbo e Roma, le quali si ritroverebbero azzoppate e private di alcuni asset strategici per l’economia del territorio. 

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