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Cronaca

"Non indagarono su pestaggi e violenze a Mammagialla", chiesto il processo per il procuratore Auriemma e la pm Dolce

I magistrati viterbesi sono accusati di aver archiviato i casi nonostante fossero emersi reati di lesioni e abuso dei mezzi di correzione

"Non hanno indagato sulle segnalazioni di violenze sui detenuti nel carcere di Mammagialla". Il procuratore capo di Viterbo, Paolo Auriemma, e la pm Eliana Dolce indagati a Perugia per rifiuto di atti di ufficio. La procura del capoluogo umbro, tramite il pubblico ministero Gennaro Iannarone, ha chiesto il rinvio a giudizio, non avendo il gip condiviso la richiesta di archiviazione della procura, e il gip Angela Avila ha fissato l'udienza preliminare per il 29 giugno.

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Tra i detenuti che avevano denunciato violenze, segnalate nel 2018 pure dal garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia, c'era anche il 21enne egiziano Hassan Sharaf, morto una settimana dopo essere stato trovato impiccato in cella di isolamento: era luglio di cinque anni fa. I suoi familiari, la madre e la sorella Aida e Saeed, figurano come parti offese nel procedimento, insieme al ministero della Giustizia e al garante dei detenuti del Lazio.

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Il procuratore Auriemma è accusato di rifiuto o omissione di atti d'ufficio perché "a seguito del deposito, l'8 giugno 2018, da parte del garante per i detenuti del Lazio nel quale venivano riportate le dichiarazioni di diversi detenuti presso la casa di reclusione Mammagialla di Viterbo, indebitamente rifiutava l'iscrizione nel registro delle notizie di reato, disponendo l'iscrizione dell'esposto solo l'11 agosto 2018 nel registro modello 45 (fatti non costituenti notizia di reato) nonostante dallo stesso emergessero specifiche notizie di reato quantomeno ai sensi degli articoli 582 (lesioni personali) e/o 571 (abuso dei mezzi di correzione)".

Lo stesso reato viene contestato alla pm Dolce che, inoltre, il 20 settembre 2021 avrebbe "direttamente disposto il deposito in archivio del procedimento (senza presentare richiesta di archiviazione al gip) omettendo di compiere le necessarie indagini al fine di acquisire e verificare le dichiarazioni dei detenuti che avevano riferito al garante di aver subito percosse e violenze, mostrando allo stesso e ai suoi collaboratori le lesioni riportate sul corpo".

La famiglia di Hassan Sharaf è assistita dall'avvocato Michele Andreano. "Avevamo e abbiamo ragione - commenta Andreano all'Adnkronos -. Tutto quello che abbiamo denunciato inizia a essere piano piano "valutato" e ritenuto vero. Siamo fiduciosi, rispettiamo le posizioni degli indagati che avranno modo di difendersi, ma speriamo che qualcuno, soprattutto da Mammagialla inizi a parlare, a dire la verità, quel che sa. Compresi i detenuti".

Per la morte di Sharf la procura generale di Roma, che ha avocato il caso dopo gli esposti degli avvocati Giacomo Barelli e Andreano in seguito all'archiviazione a Viterbo, ha chiuso le indagini nei confronti di sei persone, tre sono indagate per omicidio colposo in concorso, due per omissione di atti di ufficio e una per entrambi i reati.

Di omicidio colposo sono accusati l'ex direttore di Mammagialla Pierpaolo D'Andria, i medici del reparto di medicina protetta di Belcolle Roberto Monarca, responsabile, ed Elena Niniashvili e il poliziotto della penitenziaria Massimo Riccio, responsabile della sezione di isolamento. Di omissione di atti di ufficio, invece, l'ex direttore del carcere D'Andria e gli agenti Daniele Bologna, comandante della penitenziaria, e Luca Floris.

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